A ridosso del passaggio a livello rint e muort’ – cioè a via San Francesco d’Assisi- c’era il ponte che scavalcava il lagno di Carmignano: si entrava in aperta campagna. La campagna. Quella vera, quella pura quella dove si sudava. I braccianti agricoli, arrivati in questo incrocio, toglievano le scarpe buone, tirate a lucido per le uscite, e mettevano quelle tutte arrepezzate per il lavoro. Le indossavano per raggiungere i campi, dove si lavorava rigorosamente scalzi. A destra si imboccava Via Fondola, una stradina stretta e angusta, tutta scassata (chiena chiena e’ carrature) e sovrastata dall’argine del Carmignano, i cui rovi e fetienti (un arbusto puzzolente) spesso si allungavano fino a chiuderne la carreggiata. Dopo la traversata abbastanza avventurosa del primo tratto, quando via Fondola si liberava dell’argine, si apriva la ridente zona dello Spiniello. Poco più avanti, infatti, Via Fondola sterzava a sinistra, dove ora insiste la Chiesa del Gesù Redentore. Andando dritto si entrava in via Spiniello, ora via Tommaso Albarella. I campi ad ambo i lati della stradai cambiavano colore e forma a seconda del periodo e delle colture, dall’oro del grano al verde scuro delle patate e dei fagioli, fino al verde brillante delle lattughe. Qualche centinaio di metri più avanti, la prima masseria: si trattava della masseria di Raffaele Divino, Rafel Perzecarell’ ( da perzeche: persiche, pesche). Un soprannome storico: le pesche di Raffaele erano le più ambite al mercato di Sant’Anastasia. La strada continuava dritta in un tratto anonimo fino a interrompersi nell’ultimo campo. Il panorama era libero da qualsiasi ostacolo antropico. Lo sguardo spaziava dal Matese al Monte Somma. Pochi metri prima via Spiniello curvava a sinistra, dove ora inizia via Buonincontro e raggiungeva la Masseria di Giovanni Martone (Cervone) dove c’erano dei maestosi alberi di cachi, estirpati per fare spazio all’edilizia civile e alla nuova scuola. Lì vicino c’era pure la masseria e Zi Cicc’ Cetrella (Francesco Messina). Sprazzi di Campania Felix, insomma.
(di Francesco Pirolo)